Una delle principali finalità del centro di ricerca «Forme del sapere nel mondo antico» è di approfondire concetti scientifici in una prospettiva storica. Molti concetti della matematica, della medicina, della geografia o della fisica, proiettati nei tempi e nei luoghi che ne videro l’origine o i primi sviluppi, rivelano aspetti insospettati, che ne fanno capire meglio il senso complessivo anche per la scienza dei nostri giorni.

Viceversa, il significato delle più recenti conquiste scientifiche può influire sulla decifrazione delle idee che hanno contribuito alla nascita della scienza e sulla comprensione del pensiero filosofico e teologico delle civiltà antiche. In molti casi è di aiuto la comparazione tra diverse civiltà. Il confronto tra l’antica matematica greca, cinese, mesopotamica e indiana permettere di cogliere il significato di procedimenti matematici che si sono rivelati decisivi per la scienza moderna e contemporanea. E da quel significato dipende anche il pensiero rituale e religioso in India nel primo millennio a.C., come pure il modo in cui hanno pensato Eraclito e Platone, Parmenide e Aristotele.

Hanno sicuramente colto questi nessi tra pensiero antico e scienza moderna Otto Toeplitz e Hermann Weyl e, più recentemente, Abraham Seidenberg (matematico e storico della scienza antica), Bartel L. van der Waerden (algebrista e storico della scienza) e Donald E. Knuth (uno dei padri dell’informatica, profondo conoscitore delle idee che hanno contribuito allo sviluppo del calcolo scientifico dalla metà del XX secolo e studioso della scienza mesopotamica). In ogni caso, come è pure evidente nel caso di centri di ricerca quali il Needham Research Institute di Cambridge (per l’antica scienza cinese) e il Max Planck Institute for the History of Science di Berlino, si è rivelato di fondamentale importanza il concorso di competenze scientifiche e filologiche.

In Grecia i ragionamenti per analisi e sintesi, i metodi dimostrativi e il pensiero dialettico devono in buona parte il loro primo sviluppo alla matematica. Oltre a queste, altre forme generali di indagine, meno note ma non meno importanti, sono rimaste invariate per secoli, e la scienza ne ha sempre fatto uso, anche se in modo inconsapevole, fino ai nostri giorni. Sono spesso semplici processi di calcolo, di solito confinati alla scienza specialistica, a rivelare importanti aspetti del pensiero filosofico e grandi mutamenti della scienza in Occidente. Oggi riscontriamo il ruolo decisivo di questi processi nel pensiero moderno nelle opere di Viète e di Leibniz, di Newton e di Lagrange; ma ancora insufficientemente analizzata, per esempio, è l’importanza degli algoritmi antichi per la formazione di concetti generali come quello di logos e di apeiron (l’infinito greco). La stessa nozione generale di algoritmo, centrale per la scienza dell’ultimo secolo, deve la sua formazione ai primi sviluppi dell’antica aritmetica mesopotamica, all’algebra geometrica greca e ai matematici arabi. I nessi fondamentali tra algebra, geometria e pensiero algoritmico devono essere ancora pienamente compresi, con indagini che difficilmente possono prescindere dallo studio del pensiero antico.